La nuova organizzazione della FCI

Organi di giustizia

Garantire autonomia e reale indipendenza

Lo standard operativo deve essenzialmente basarsi su autonomia e indipendenza.

Anche gli organi di giustizia, con il loro operato, sono indispensabili per contribuire al rinnovamento e alla maggiore efficienza dell’apparato federale.

Le regole contenute nei regolamenti sportivi, così come riportato nei Principi di Giustizia emanati dal CONI, devono rappresentare il metro per il giudizio, il ricorso alle leggi ordinarie deve esserci solo per quanto non previsto dai regolamenti sportivi.

Importante a mio avviso, rivedere e rimodulare le tasse di accesso alla giustizia, con una più equa distribuzione, abolendo le sanzioni pecuniarie per chi opera senza remunerazione nelle nostre società (escludendo le sanzioni previste dal regolamento tecnico).

Ovvio ripensare il rapporto fra società periferiche e organi centrali di giustizia, non di rado visti come ostili e distanti dalla reale attività.

Marketing e comunicazione

Professionalità e specifiche competenze. Ambito che ben pianificato si rivelerà un importante strumento per attrarre risorse economiche.

Dal titolo si evince l’obiettivo di ricercare competenze specifiche che sappiano valorizzare il prodotto FCI, dando quel necessario valore aggiunto ai risultati che i nostri atleti conquistano. Va ripensato il sito federale, superato nella grafica e nella fruibilità, utilizzato più per scopi propagandistici invece di rappresentare un vero e reale servizio agli affiliati e ai tesserati.

Lo stesso KSPORT risulta avere delle grandi e ingiustificate criticità. Qualunque società privata rischierebbe serie sanzioni per mancanza di tutela dei dati, anche sensibili, facilmente “bucabili” da qualsiasi informatico. Una seria criticità è rappresentata dalla mancanza di una procedura di reset o di disattivazione di account per chiunque termini il proprio mandato, risulta pertanto chiaro che esiste un discreto “sommerso” di utenti che hanno comunque accesso senza averne più diritto.

La piattaforma pertanto necessita di una radicale revisione, rappresenta ormai un prodotto “antichissimo” nel linguaggio informatico, risalente infatti al 2003. L’attività Federale è retta da norme e regolamenti, in particolare la parte dei regolamenti attuativi per loro natura è altamente modificabile, nei tavoli di lavoro delle varie strutture e commissioni spesso si modificano le regole senza la consapevolezza che anche il sistema informatico dovrà cambiare per essere in grado di gestirle.

Le conseguenze sono confusione e disorientamento di chi poi in fase di approvazione o nei campi di gara deve far funzionare la macchina. Utile coinvolgere nelle varie strutture e commissioni una figura che abbia anche le necessarie conoscenze informatiche. Il sito federale dovrà essere migliorato graficamente e potenziato con contenuti di qualità, trasformandolo in reale strumento di servizio, in sinergia con i CR che all’interno dello stesso dovranno trovare lo spazio a loro dedicato per promuovere la propria attività regionale, con gli stessi standard di qualità. Andrà utilizzata a pieno regime la controllata “Ciclistica Servizi”, con il fine di pianificare la creazione di una piattaforma Web-Tv per la produzione e divulgazione di eventi agonistici e promozionali, con la pubblicazione dei risultati in tempo reale.

Auspicabile stringere accordi che ricadrebbero sul territorio (in particolare per rendere meno onerosi i costi organizzativi). Creare un’App in grado di far accedere chiunque per seguire gli eventi prodotti e divulgati, ben strutturato diventerebbe fonte di ricavo economico a sostegno delle nostre società e dei nostri comitati. La struttura federale sarà di supporto per i CR che sul sito e sulle piattaforme parallele dovranno far “passare” i loro eventi e le loro manifestazioni. Tutti questi strumenti, se attualizzati e utilizzati professionalmente, rappresenteranno una nuova e certa fonte di sostentamento da indirizzare alle attività federali.

Per una distribuzione più equa e moderna delle risorse: il bilancio federale.

Analisi attenta dei costi, dal personale alla struttura centrale. Maggiori risorse ai CR e ai CP. La FCI deve dipendere meno dal CONI e aprirsi al mondo dell’imprenditoria e del made in Italy. Negli ultimi anni ho avuto modo di apprezzare in tutte le sue sfumature un termine che non conoscevo, almeno nei modi in cui si è concretizzato il suo uso: “piano di rientro”. Dal 2005 la FCI ha vissuto calata costantemente in questa realtà, il “piano di rientro”. Un’emergenza continua. Per chi ha retto le sorti della FCI negli ultimi 16 (sedici) anni tutto ruotava e ruota attorno a un bilancio “disastroso” (ereditato) da ripianare. Fra alti e bassi nessuno ha capito veramente cosa è realmente accaduto al bilancio federale.

Struttura centrale FCI ovvero del gigantismo

Se l’attività sportiva è rimasta più o meno sui livelli del 2003-2004, a livello di costi sono lievitate molto le somme a bilancio legate al funzionamento della (costosissima) macchina federale. Dal 2007 ad oggi le spese per i collaboratori e il personale sono più che triplicate. Questa vertiginosa ascesa si è verificata di pari passo con l’aumento dei finanziamenti ottenuti dai partner istituzionali (CONI, CIP, ecc.): da poco più di 4 milioni di euro nel 2003 a oltre 9 milioni nel 2019.

La struttura federale va ripensata e ammodernata. I centri di costo andranno attentamente analizzati. A chi lavora in periferia restano solo le briciole. Chi lavora da volontario nei CP e nei CR rifletta su questi numeri. Stesso discorso per chi fa parte delle commissioni: da 2003 al 2019 costano (e si riuniscono) sempre meno. La pandemia non c’entra: da 638.000 euro del 2004 ai 277.000 euro del 2019. Replica anche per le spese di promozione sportiva: dai 632.000 euro del 2003 ai 52.000 del 2019.

Sponsorizzazioni, una tragedia annunciata

La colpa, si sa, è della crisi economica, che però ha colpito quasi il mondo intero, certamente tutta Europa, e la FCI è stata a guardare. Dal 2008 a oggi il prodotto federale ha perso interesse per gli investitori. Un lento, inesorabile declino. In termini assoluti, all’aumento delle quote relative al tesseramento e alle affiliazioni (più che raddoppiate dal 2003, oggi valgono 4 milioni di euro nel bilancio FCI, compreso il balzello “facoltativo” dei consiglieri di società) non ha fatto seguito un incremento delle sponsorizzazioni (ai minimi storici da 2003: da 810.000 nel 2003 a 219.000 nel 2019). Di fatto la FCI ragiona e lavora come un ente pubblico (cosa che giuridicamente non è).

È necessaria una seria politica di posizionamento, perché un vero posizionamento sul mercato non c’è mai stato. La maglia azzurra rende pochissimo alle casse federali, gli stessi fornitori ufficiali intrattengono con la FCI rapporti che gratificano solo i loro brand e la loro visibilità. C’è da chiedersi dove sia il rapporto, indispensabile, con la creatività e il valore del Made in Italy.

Doping e antidoping

Tema sempre attuale, su cui si sono fatti grandi passi in avanti ma su cui c’è ancora moltissimo da fare, anche concentrandosi maggiormente sulla parte formativa ed educativa, investendo risorse che ora sono soprattutto impiegate sul versante punitivo.

Il movimento ha superato, in parte, le gravi difficoltà incontrate in occasione dei tanti scandali vissuti negli ultimi decenni, non ci troviamo più nel picco emergenziale causato da quegli eventi, ma scontiamo ancora il grave danno d’immagine patito, su questo non ci sono dubbi. Ci vorrà ancora tempo e per una disciplina che vive esclusivamente di sponsorizzazioni non potrebbe essere altrimenti.

Il grave danno d’immagine subito però, non pare abbia insegnato molto, ovvero tutto sembra ancora ruotare, anche se non esclusivamente, intorno alla fase punitiva e ancora poco nell’opera di formazione e di contrasto al fenomeno.

Quando scoppiarono gli scandali che sconvolsero il ciclismo, il movimento, guidato da vertici dirigenziali ben consapevoli di come funzionassero le cose, non fu capace di sviluppare al proprio interno gli “anticorpi” per correggere e modificare i propri comportamenti. Furono le Procure della Repubblica a far emergere il fenomeno in tutta la sua gravità, causando tra le ricadute il gravissimo danno d’immagine ed economico che ancora oggi scontiamo.

I casi comunque emersi negli anni, seppur meno clamorosi rispetto all’epoca a cui mi riferisco, testimoniano che il problema non è risolto, nonostante da alcuni uffici ci si vanti del contrario. Il fenomeno non si sconfiggerà mai totalmente, la stessa natura umana è portata a prendere delle scorciatoie, e chi cadrà in tentazione esisterà sempre. Ma l’Ente di riferimento, ovvero la Federazione di uno degli sport maggiormente colpiti dal doping, deve farsi carico di promuovere campagne d’informazione chiare, rivolte ai più giovani, alle scuole, ai tecnici e alle famiglie.

Per quanto riguarda l’attività di vertice, su cui è fondamentale non abbassare la guardia, chiedere a gran voce che le regole siano più trasparenti rispetto a quanto non lo siano ora, perché la poca trasparenza genererà solo sospetti, circostanza che andrà ad intaccare la credibilità e di riflesso la difficoltà ad investire nel movimento. Il riferimento è al sistema di rintracciabilità a cui i professionisti sono sottoposti, gestito direttamente dall’UCI.

È fin troppo evidente la criticità, ovvero il controllo diretto dell’UCI sui casi che evidenziano delle anomalie e sui quali si accende un alert. Da più parti si sottolinea che lo strumento rischia di essere utilizzato in modo diverso, per scopi “politici”. Una gestione autonoma e indipendente contribuirebbe a rendere lo strumento, rivelatosi efficace, anche più democratico e al riparo da possibili speculazioni.

Rapporti istituzionali

CONI in Italia, UEC ed UCI a livello internazionale, sono gli enti sportivi con i quali è necessario dialogare in modo costruttivo e verso i quali rivendicare le attenzioni che il movimento ciclistico Italiano merita, per storia e tradizione.

Intrattenere rapporti costruttivi con le istituzioni, non solo sportive, rappresenta una priorità. In Italia con il CONI, verso il quale chiederemo che il ciclismo e tutte le sue specialità, quelle olimpiche in primis, possano avere a disposizione gli strumenti e le risorse per potersi sviluppare in modo continuativo e duraturo, con particolare attenzione alla realizzazione su tutto il territorio nazionale delle necessarie infrastrutture idonee allo scopo.

Un piano da studiare nei minimi dettagli e che potrà trovare a mio avviso un riscontro favorevole senza scivolare nell’alto rischio di progettare e realizzare cattedrali nel deserto come in troppe occasioni purtroppo avvenuto. Anche la gestione, finora fallimentare, delle importanti risorse a disposizione per la realizzazione del velodromo di Spresiano (TV), testimoniano la scarsa capacità di fare scelte utili davvero al movimento. Complicato conoscere le reali ragioni che hanno portato a una scelta poco lungimirante come quella fatta, mi limito ad esprimere un parere da osservatore senza conoscere i dettagli, che segue alla pari di moltissimi appassionati la vicenda. Un finanziamento di 28 milioni di euro ottenuti da una specifica rappresentanza politica, che il governo ha dato in gestione alla FCI, rappresentano un capitale enorme, che avrebbe potuto essere speso in modo più lungimirante e oculato.

Treviso rappresenta la più importante provincia ciclistica del nostro Paese, ma sfido chiunque a ritenere sostenibile un impianto di tali caratteristiche in una qualsiasi sede di provincia. 28 milioni di euro sarebbero stati spesi meglio se utilizzati per la realizzazione di più impianti coperti distribuiti sul territorio nazionale, che avrebbero potuto rappresentare il volano di sviluppo per l’intero movimento.

Fermo restando l’impianto di Montichiari (non esente da problemi), la distribuzione avrebbe potuto essere suddivisa realizzando un impianto a Treviso (anche nella stessa area in cui dovrebbe sorgere quello attuale) che avrebbe coperto le esigenze della parte orientale del Veneto, del Friuli Venezia Giulia e parte del Trentino Alto Adige e Romagna, Montichiari (già esistente) per Lombardia, Veneto occidentale, parte del Trentino Alto Adige ed Emilia, Torino per la zona nord occidentale del Paese, Firenze per parte del Centro e Napoli per una parte del Sud.

I 28 milioni di euro sarebbero stati utili per realizzare nuovi impianti di avviamento pista e bmx, che intanto avrebbero fatto partire uno sviluppo mai realizzato nel nostro Paese. Solo a quel punto sarebbe stato più sensato progettare la realizzazione di un mega impianto, come quello pensato per Spresiano, ma che solo una metropoli come Milano, nel nostro Paese, può pensare economicamente di sostenere.

Il CONI dovrà aiutare nel realizzare questi progetti, indicando la via per ottenere le risorse e vigilando sulla realizzazione. Rimane comunque prioritario terminare l’opera a Spresiano, preoccupandosi di intercettare le specifiche competenze manageriali per affrontare il delicatissimo tema della successiva gestione economica dell’opera. Di altra natura il rapporto con UCI, all’interno della quale l’attuale dirigenza nazionale ricopre il ruolo di una vice presidenza, ma da ciò che notiamo ha scarsissimo peso nelle decisioni che vengono assunte. Chiaro come la vice presidenza attuale sia il frutto del sostegno che l’attuale vertice UCI ha ottenuto in sede di elezione.

Nessuna reale intenzione di riportare il movimento italiano ai livelli consoni alla sua storia e tradizione. Ritengo invece che all’UCI ci sia un gran bisogno di una voce italiana autorevole, nell’interesse dello stesso ente che spesso negli ultimi anni ha preso iniziative che sembrano assunte da chi il movimento lo conosce poco. Un fronte che ritengo sia necessario far crescere è quello UEC. Negli ultimi anni ha sviluppato un notevole lavoro che sarà necessario alimentare per aumentarne il peso europeo all’interno della stessa UCI.

I rapporti con gli Enti di promozione

Spesso non si è avuta la giusta attenzione verso il variegato mondo degli amatori, o in alcuni casi un’attenzione indirizzata solo all’“affare potenziale” che rappresentano. Necessario rimodulare strategie e visione, aiutando le tante manifestazioni rivolte al mondo amatoriale a crescere.

Le scelte della FCI verso l’attività amatoriale si sono rivelate spesso di non facile applicazione pratica, ostacolando di fatto l’attività sul territorio. L’attenzione sui grandi eventi granfondistici, in particolare stradistici, ha distolto l’attenzione dai numerosi altri eventi minori, abbandonati a loro stessi, spalancando di fatto le porte agli Enti di Promozione Sportiva. Infatti l’attività amatoriale ricorrente è passata prevalentemente nelle mani di questi ultimi. L’effettiva attuazione degli accordi sottoscritti dalla FCI con gli EPS risulta assai critica, molte regole risultano inapplicate dagli Enti a discapito della qualità organizzativa e della sicurezza delle manifestazioni.

L’introduzione di organi di controllo si rende più che mai necessaria. La concorrenza tra FCI ed Enti è sfida impari: gli EPS infatti organizzano gare con costi molto più bassi, riducendo al minimo le spese, e le voci che spesso vengono ridimensionate sono quelle rivolte alla sicurezza. Indispensabile aprire un tavolo di confronto con gli EPS e con le istituzioni preposte affinché tutte le manifestazioni rispettino gli standard minimi previsti avvalendosi di Direttori di corsa e sicurezza tesserati e formati dalla FCI.

Rappresenterebbe un gran salto di qualità nel settore permettendo alle manifestazioni di svolgersi con criteri uniformi di sicurezza e professionalità. Il mondo amatoriale, nelle sue eccellenze organizzative, può svolgere un ruolo di aiuto nei confronti dell’attività giovanile della FCI e agonistica in genere, facendo ricadere un contributo economico. Ritengo sia giunto anche il momento di valutare la possibilità di abbinare ad eventi granfondistici di qualità manifestazioni riservate alle categorie agonistiche, utilizzando strutture e mezzi già presenti. In molti Paesi europei tale operatività è prassi normale, ciò porterebbe benefici a tutto il movimento ciclistico.

Altro servizio che la FCI può rendere al settore amatoriale, siglare collaborazioni con le società di cronometraggio, in modo da inserire contemporaneamente all’iscrizione all’evento l’evidenza della stessa nel sistema informatico federale, ora aggiornato anche con le scadenze dei certificati medici, che solleverebbe gli organizzatori da obblighi e responsabilità che non possono essere scaricati sulle loro spalle. Il dato oggi è che pochissimi amatori si iscrivono agli eventi grandondistici tramite il sistema informatico federale. Gli organizzatori denunciano inoltre la superflua presenza dei giudici di gara, presenza non necessaria in quanto le decisioni vengono assunte dagli organizzatori, cronometristi e direzione di gara. La presenza del collegio di giuria risulta pertanto inutile e un costo superfluo, oltre che un momento poco gratificante per i giudici stessi.

Da valutare pertanto l’ipotesi di modifica della situazione attuale con i rappresentanti degli organizzatori. Altro aspetto delicato, la regolamentazione del calendario, necessario cercare di non sovrapporre troppi eventi nello stesso weekend, tutelando soprattutto quegli eventi di comprovata affidabilità ed efficienza organizzativa. Sarà fondamentale rivedere il disciplinare per adattarlo alle reali esigenze degli organizzatori senza abbassare comunque l’asticella sul fronte sicurezza che deve rappresentare la priorità.